lunedì 28 aprile 2025

 

LA PAROLA DI UNO SOLO...














Meditazione su 1Cor. 1-2

“Vi esorto ad essere tutti unanimi nel parlare (…) non ha forse Dio dimostrato stolta La Sapienza di questo mondo? (…) Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo e questi crocifisso (…) esponiamo una sapienza che non è di questo mondo…”.

Parola che risuona nel mio cuore, perché ne faccia tesoro. Perché non mi succeda come a quei fratelli di Corinto di lasciarmi trascinare nelle tortuose diatribe intellettualistiche tra i sapienti del mio tempo né tanto meno negli innumerevoli conflitti teologici che dilaniano le chiese. Il mio credere non sia tifoseria più o meno faziosa di una o altra scuola esegetica neppure quando essa abbia come riferimento figure nel mondo riconosciute come carismatiche o addirittura istituzionali. Non vi è infatti pienezza di verità e vita se non che nella Parola di Uno solo unico punto di certezza e riferimento e unica bussola in grado di indicare il cammino. Egli parla direttamente al mio cuore, e perché io possa veramente ascoltare bisogna anzitutto che taccia in me la voce di ogni molteplice chiesa del mio tempo indipendentemente dal valore che io stesso possa attribuire a ciascuna di esse per una personale scelta gerarchica di presumibile affidabilità. Non vi è altro modo per cui non resti confuso nel circuito di tante notizie e sollecitazioni mediatiche. E non vi è infatti alcuna sapienza per ogni uomo che non provenga direttamente e senza intermediario alcuno, dallo Spirito. Perché dunque dovrei affidarmi alla fallibilità, connaturata alle molteplici interpretazioni dei sottili ragionatori di questo mondo? Mi vengono in mente in questo momento alcune parole scritte dal frate cappuccino padre Ignacio Larranaga nel suo libro “Mostrami il tuo volto”: “Nonostante le migliaia di voci mi parlino di illusione io so che dietro il silenzio c'è Lui, lo seguirò fissandolo ostinatamente in pace”. Che dire di più? Constato e ascolto intorno a me molteplici chiese e altrettanti predicozzi l'un contro l'altro armati per non parlare delle insinuanti insidie del bi-pensiero liquido di questo tempo particolarmente fuorviato e fuorviante. Voci e seduzioni che la Parola mi consiglia oggi di lasciar correre per la loro strada, fissando invece gli occhi, così come accadde a Santa Teresa di Lisieux, solo in Gesù e in Lui soltanto. Il suo consiglio per noi tutti e anche il nostro  più ardente proposito nel tempo che ancora ci è dato. _

Renato Pernice - Meditazione in Adorazione 21.04.2025

(presso Chiesa di Santa Maria della Stella - Pedara - CT)

venerdì 25 agosto 2023

IO SONO CON TE...













Meditazione su Mt. 6,7

“Pregando poi non sprecate parole come i pagani…”.

Sono di nuovo qui, e l'unico rimorso è di non esserci abbastanza.
Mi sembra di abbeverarmi alla fonte da cui tutto ha inizio: contemplazione, silenzio… 
Ascolto Gesù quando dice di non sprecare le parole come fanno i pagani.
Guardando da qui (ed è uno dei monti ove avrebbe potuto salire lo stesso Maestro a contemplare il Padre), colgo tutta la profondità di questa Parola, col vago rimorso di tutte quelle volte che anche io parlo, recito, parlo, parlo… sforzandomi spesso invano di non far divagare i pensieri, mentre le litanie escono dalla mia bocca, vanno e vengono quasi per inerzia. Mi propongo con solennità, con solerzia e fatica, quando sarebbe sufficiente e anzi perfetto questo silenzioso ascolto dell'esserci, in Pace. Lui è qui ed io sono “con” Lui, come piccola parte di questa immensa natura.
Pensato, Lo penso. Che altro? Egli è e io sono in Lui…
Certo, è sempre così, anche quando sono assediato dal fragore. Ma c'è frattura e dolore nel “non sentire” di “essere”.
Cosa può pretendere un albero o un insetto o un fiore più della grazia di esistere perché pensato da Lui perfino nei momenti in cui un turbine lo minaccia alle radici?... Umiltà che ringrazia e nulla pretende. Semplice abbandono, dolce “sentire”.
Solo una Grazia mi viene da chiedere: quella di attraversare io stesso, in Pace, ogni turbine, con la consapevolezza che Egli non è in quella tempesta, ma “nella brezza di un vento leggero”, e che leggero rende anche ogni giogo.
È la stessa identica percezione che avverto ora accostandomi, nella cappella, alla contemplazione della Santa Eucarestia… La stessa immobile e amorevole Presenza del Padre che ho ascoltato nel silenzio della natura, provo adesso davanti al Mistero di un Corpo che eternamente si dona nel Figlio. Come nella barca del lago in tempesta, immobile, sembra che dorma, mentre è proprio il suo sogno a sostenere il mondo e con esso il mio cuore, che ora batte per Lui. 
Radice da cui nasce tutto, senza calcolo o motivo, solo per natura e per Amore.
Non come chi di amare si sforza, come a volte di iniziare a pregare. Ma semplicemente perché “Lui è così”. Davanti a Lui non posso che ribadire il mio rimorso di non esserci abbastanza. Ma percepisco adesso un suo sorriso, a placare o ogni inquieta onda del mio lago interiore: “Non temere, io sono con te”.…

Renato Pernice - Deserto TOV 23.08.2023

(presso Monastero Benedettino "Dusmet" - Nicolosi - CT)

lunedì 31 luglio 2023

L'ALBERO DELLA VITA













Meditazione sul Sal. 107, 4-7

“Alcuni vagavano nel deserto su strade perdute, senza trovare una città in cui abitare, erano affamati e assetati, veniva meno la loro vita. Nell'angustia gridarono al Signore ed egli liberò dalle loro angosce, li guidò per una strada sicura, perché arrivassero verso una città in cui abitare”.

Non so come potrei dirlo diversamente. Appena giunto in Monastero, il silenzio di Dio mi ha avvolto subito in quell'abbraccio che cercavo da giorni, ma che nel frastuono del mondo non riuscivo neppure a percepire se non che intuire con sforzo di fede e stentata, accaldata recitazione quotidiana di preghiere dette volenterosamente, sostenute appena da una tiepida speranza. Invece, ecco qui il silenzio vero, tutt'altra cosa di ciò di cui si parla. Praticamente il silenzio stesso di Gesù, come dice Padre Ignacio, “popolato di Presenza”.
La prima cosa che ho visto arrivando… un albero possente, saldamente radicato nel terreno, così stabile quanto imperturbato e imperturbabile. Insomma, niente a che vedere con tutti quei poveri alberi cittadini sradicati facilmente in questi giorni dal vento del Nord Italia. Mi parla delle sue radici profonde, mi interpella sulla profondità della mia fede.
Come non arrossire, visto che il Padre stesso è in quell'albero e anche qui fuori dall'albero….
Gesù sotto le stelle equivale a questo meraviglioso dono. Cessa ogni parola davanti alla intesa profonda del reciproco ascolto. In questo silenzio, la preghiera si fa perfetta, tacita condivisione di sguardi, ove anche sarebbe dolce finire. “Tu sei con me”. Che altro?
A volte passo delle ore per concentrarmi nella preghiera, le provo tutte: la lettura della Parola per trovare qualche spunto, l'osservazione della natura, inginocchiarmi davanti al Santissimo, recitare dei Salmi… e così via. Certo, Sant'Agostino dice giustamente che cercare è già pregare. Ma mi capita di avvertire spesso qualcosa che manca.
Oggi sono salito di fretta, sospinto da una “sete” di Lui che mi tormenta da giorni, ma trattenuto finora dal peso di una pigra accidia, alimentata dallo scirocco, dal torpore, forse anche dalla stanchezza degli anni. Ecco il segreto dell'albero!... La sete che spinge le radici, così anche il Padre sazia oggi la mia sete. “Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi!”. Proprio così. Egli non aspetta altro che questa mia “sete”. Purché solo trovi la forza di alzarmi e venire da Lui, già pronto all'abbraccio. Ma cosa esattamente mi rende affaticato, oppure oppresso? Da cosa dipende quel “tedio di vivere”, quella noia, quella nausea esistenziale o quella “insostenibile leggerezza dell'essere” su cui si soffermano a lungo pontificando, ma incapaci, a conti fatti, di cogliere il punto,  le zucche di tanti filosofi barbuti?...
Che cosa berremo, che cosa mangeremo? Come puoi darmi acqua da bere? Che cos'è la Verità? Io ho un matrimonio, io devo andare a seppellire mio padre, io giovane ricco, preferisco diventare triste piuttosto che lasciare i miei beni, io devo completare il granaio, così poi mi godo la pensione. Ecco… accecato anche io dalla banalità del quotidiano, non trovo più “buona terra” sotto l'asfalto delle città. Facile dunque essere sradicato anche da una semplice brezza sottile….
Che è venuto invece a fare Gesù? “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”. Si è fatto come noi per farmi come Lui. Ogni sua Parola dunque è perché io comprenda che non è affatto importante sapere cosa berrò o mangerò (e via dicendo…), che l'acqua da bere è il pozzo dell'infinita Sapienza divina, che non ho nulla da difendere, che serva solo ad alimentare la mia tristezza, che non ha senso perdere troppo tempo a costruire granai o seppellire i morti, e che la Verità è lì, ben “oltre” queste banalità di vita quotidiana, avvolta nel Mistero di una Resurrezione che attende anche me.
Certo che sono “in” questo mondo, ma chi cerca di convincermi che sono “di” questo mondo, di sicuro è quello entrato nel “recinto delle pecore” dalla porta sbagliata. Allo stesso modo in cui è davvero fuorviante il soffermarsi sui beni di “questa” vita quando Dio stesso è sceso a dirci che non è affatto questa la Vita vera che ci aspetta. Lui mi ha amato, e mi ha dimostrato il Suo Amore soprattutto cercando, con ogni sua Parola, con la sua morte e la sua Risurrezione, di elevare a Lui il mio cuore, come quello della samaritana, perché non restasse impigliato nella ricerca di pozzi in questo mondo o di altre spiritualità incapaci di saziare una volta per tutte la mia sete.
Così ogni Parola di Dio arriva come una spada fino al midollo di ogni esistenza. Non cerca compromessi dietro cui nascondersi. Sì oppure No. E il resto? Non serve. Amare non è “accontentare”, ma cercare con le mie piccole, povere forze, di “fare” anche io, nel mio piccolo, quello che ha fatto il Maestro che tanti ne scontentò (che si aspettavano da Lui solo carezze, piuttosto che serie lezioni di vita), fino addirittura a farsi crocifiggere: “Volete andarvene anche voi?” … Domanda perentoria che non ammette repliche, tacito rimprovero che, come il bastone di Mosè, traccia la direzione del gregge, pur sapendo che lungo il difficile e stretto sentiero del testimone, non tutte le pecore avranno il coraggio di avventurarsi.
Nella preghiera fidente e nell’ascolto commosso del Suo Cuore è la Via silenziosa di questa ascesa. “Il cristiano di domani sarà un mistico, cioè uno che ha sperimentato qualche cosa, oppure non sarà nulla” (K. Rahner). Non servono molte Parole. Per “essere” basta qualche parabola ma “densa” che arrivi al cuore. Dovrò dunque imparare a tacere e privilegiare anche io il silenzio e l'ascolto al rumoroso assedio della folla. E conferire soprattutto ad ogni Parola quel senso profondo che serva a illuminare la mia vita e quella altrui, perché insieme possiamo elevarci alla Sua Verità.
Ecco l'Amore di Gesù e la vera natura del “servizio” ai fratelli. Ecco, per esempio, la gioia di donare un “Laboratorio di Preghiera e Vita”, per uscire finalmente dalle angustie di “questo” mondo destinato a finire e aprire alla vera libertà, le sbarre della mia come dell'altrui prigione. 

Renato Pernice - Deserto TOV 28.07.2023

(presso Monastero Benedettino "Dusmet" - Nicolosi - CT)

martedì 6 giugno 2023

BENEDETTA PIOGGIA













Meditazione sul Sal. 104

Giorno di pioggia, e giorno di preghiera…
E mi viene da pensare che oggi le nubi ricoprono il paesaggio trasfigurandolo in una dimora di silenzio, dove l'ascolto della voce di Dio, che parla al mio cuore, si fa più intensa e profonda.
Percepisco me stesso in questa natura che assorbe l'acqua come benedetto nutrimento per ogni singola pianta, e anche io benedetto in questo comune sentire che mi trasmette il semplice calpestare l'umida terra.
Lui è qui da sempre, proprio come nella piccola Cappella tra gli alberi ove riposa la Sua fisica Presenza.
Nulla è davvero cambiato. Tranne in me, che ora, non più distolto dalle voci del mondo, presto di nuovo “attenzione”, ritrovo in Lui conforto e Presenza, nell'ascolto di una pioggia che sembra farsi tramite tra il cielo e la terra.
Penso che per i miei fratelli e le mie sorelle dovrei farmi più spesso tramite anche io, così da saziare, proprio come quest'acqua la terra, la sete profonda che ogni anima, anche senza saperlo, sente di Lui.
Io, e i miei fratelli e le mie sorelle, come limpide gocce di speranza, a fecondare i cuori!...
Per questo sono stato da Lui chiamato alla vita e solo per questo ora sono qui.

Mi vengono in mente i versi del Salmo 104:

“tu che distendi i cieli come una tenda,
costruisci sulle acque le tue alte dimore,
fai delle nubi il tuo carro,
(…)
Dalle tue dimore, tu irrighi i monti,
e con il frutto delle tue opere si sazia la terra”.

Il Salmo mi fa anche riflettere sull’ordine perfetto voluto dal Creatore: un luogo per le acque, uno per i monti, uno per i ruscelli, uno per le valli… Etc…
Chiedo perdono a Dio per come l'uomo, al contrario, nel superbo quanto vano tentativo di instaurare un proprio ordine, non stia facendo altro oggi che seminare il caos, al punto da mettere a rischio, con ciò, anche la propria sopravvivenza.
Posso fare ben poco per questo, ma una cosa almeno posso ancora fare: riporre me stesso, proprio come quelle nubi e quei monti, nel luogo previsto, nel “disegno” che Egli, da sempre, vuole per me; 
sforzarmi ogni giorno di compiere non ciò che mi passa per la testa, ma ciò che, nel silenzio della preghiera, “sento” che Lui si aspetta da me.
Piccole gocce, come piccoli propositi, ma certo capaci di cambiare almeno “il mio” mondo a Sua immagine. A salvare il resto penserà Lui…  purché trovi almeno un giusto su questa Terra.
Un giorno di pioggia, dunque… Non come grigie lacrime, ma piuttosto con tutta la gioia di chi ora si sente irrigato, saziato dalla Sua Presenza, e tanto felice adesso, nello scendere da questa montagna, per la grazia ricevuta, che dovrà farsi dono per tutti i fratelli:

“Tutti da Te aspettano
che tu dia loro cibo a tempo opportuno.
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono;
apri la tua mano, si saziano di beni.
(…)
Voglio cantare al Signore finché ho vita,
cantare inni al mio Dio finché esisto”.

Renato Pernice - Deserto TOV 5.06.2023

(presso Monastero Benedettino "Dusmet" - Nicolosi - CT)

giovedì 25 maggio 2023

LA DIMORA



  









Meditazione sul Sal. 84

“Beato chi abita nella tua casa
senza fine, canta le tue lodi…”

C'è solitudine in questo luogo, tra alberi e orizzonti. Qui dove mi trovo adesso.
C'è pace, e “ascolto” nella natura di Dio. Lo stesso “silenzio” da cui scaturisce il Verbo e tutta la Scrittura di conseguenza.
Quando il Maestro sale in montagna con nella mente e nel cuore quei salmi nei quali naturalmente “abita” e che in Lui sono abitati, non fa che incontrare il Padre e nel Padre Sé stesso.
Naturalmente, ogni albero, pur scosso dal vento, “abita” quella stessa terra da cui scaturisce già da quando non era altro che un minuscolo seme.
Ma io, Signore… Dove abito io?...
Da cosa, da chi, da quali pensieri, da quali ideologie o idolatrie “mi lascio abitare”, o peggio, talora mi lascio ridurre in frammenti multidimensionali di me stesso? E poi… Cercando… Cosa?
Come potrebbe un albero sopravvivere al tumulto degli elementi se potesse e volesse allontanarsi da quella terra, da quel fertile “humus” che ne assicura il nutrimento?
Così Gesù sale in montagna. Ed è “fame”, “sete” quotidiana del Padre in quel suo ritrovarsi, incontrando Sé stesso, in quel “vuoto di Sé” da cui scaturisce ogni cosa creata.
Perfino le ultimissime scoperte della fisica sono arrivate alla conclusione che proprio il vuoto è fonte di una energia misurabile ma ancora misteriosa per la fisica di oggi. Perfino la scienza “profana” si accorge di ciò!...
E io?... Quante volte faccio come il Maestro? Quante volte mi svuoto di me, per “essere”? Quanto abito quel vuoto e quanto invece prediligo abitare la pienezza del giorno che mi divide separandomi da Lui e da me stesso?
“Ritornate figli dell'uomo”, recita il Salmo 90.  E ancora: “…agitarsi è fatica e delusione (…) Insegnaci a contare i nostri giorni”. E nel Vangelo:” … voglio seguirti, Signore, dove abiti?”.  “Il Figlio dell'Uomo - è la risposta di Gesù - non ha dove posare il capo”.
Disse un giorno San Giovanni Paolo II a don Giussani: “Voi siete senza patria perché voi siete inassimilabili a questa società”. E Don Giussani giustamente commentò: “Prendere coscienza della natura del cristianesimo significa comprendere che il problema fondamentale non è il ‘che fare’, non è la nostra ‘analisi della realtà’, il nostro ‘punto di vista sugli eventi’, ispirato ai valori cristiani, ma la conoscenza di Cristo”.
Se Gesù oggi mi fa riflettere sul senso del mio “abitare”, mi ricorda che io sono ciò di cui mi nutro, proprio come l'albero cui accennavo prima.
In questo silenzio, in questo, ritrovare “Egli in me” è dunque quella “casa” dove abitare, e da sordo, come l'albero ad ogni dissipazione del vento, anche quando esso sembri solo accarezzare, come lieve e piacevole brezza.
“Ma tu - dice adesso al mio cuore - lascia tutto, e seguimi!”.
Grande Pace adesso, mentre seguo il sentiero tra gli alberi perché sento profonda la Verità che in ogni luogo Egli mi contiene. Ecco dove “abito”, ecco davanti a me la “casa” …
Scorgo adesso una lumaca sul sentiero, come un segno, o un proposito quasi e una risposta: “Porta sempre con te questa casa ritrovata, vivi la tua vita ove sei, ove Lui ti pone, attraversa in pace il bosco delle tue contraddizioni e di quelle voci che, come fronde, si agitano intorno a te… Attraversa, ma senza lasciartene turbare, sempre come “assente” alla “Presenza”, proprio come questa lumaca, sicura nella sua dimora, così che di te non s’accorge nemmeno. Ferma testimonianza per chi sa ancora “vedere”. Mentre “passa anche la scena di questo mondo”.

Renato Pernice - Deserto TOV 25.05.2023

(presso Monastero Benedettino "Dusmet" - Nicolosi - CT)

giovedì 20 giugno 2019

PADRE!...



  

Meditazione su Mt. 6,7-15


"…Non siate dunque come loro (…) se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe…"

Che cos’è quel “non fare come i pagani?”. C’è nel Vangelo di oggi una chiarezza, una profondità e una semplicità che sgomenterebbe se non sapessi che quella Parola non è umana. Egli non mi invita a recitare il Padre Nostro come fosse un “mantra” per rassicurarmi o peggio per rendermi incosciente, ma guida la mia attenzione su due atteggiamenti del cuore: “Padre” e… “perdono”. In fondo, quel “Padre Nostro”, più che una preghiera sembra piuttosto “spiegare” il senso del pregare stesso. Ripetersi la spiegazione certo aiuta ma non è come “ascoltare” in me stesso la commovente intuizione di un tangibile incontro spirituale che investe di lacrime l’anima. Sarebbe come recarsi a un recital di poesie e invece di “sentire” i versi dilatare il cuore ne percepissimo appena l’eco nella spiegazione. Sarebbe come “sentir parlare” della vera Vita, sognarla per un attimo ma non viverla affatto, dimenticandocene subito dopo, quando si esce dalle provvisorie luci della sala per rientrare nel buio di noi stessi.  Non servono le parole nella preghiera e neppure il “silenzio assente” (ultima insidia orientale dell’ego) quanto piuttosto un atto di “fiducia incondizionata”, un affidamento totale (o se si preferisce… un “salto nel vuoto”) ove la mia giornata si svolge non secondo le mie aspettative ma secondo tutto ciò che Egli permette possa capitarmi. Si tratta di “attraversare” fin dal mattino, gli avvenimenti del giorno (suo dono per me) con l’occhio commosso di un bimbo che si muove (viene portato…) in braccio a sua madre e in ogni inevitabile scelta lasciare che sia la bussola della Fede (la stessa divina “connessione”) a orientare ogni decisione. Non occorre niente altro che questa “corrente” permanente e silenziosa (ma “sonora”, al pari di un’onda che sostanzia il mio “essere”…) di “intesa”: la preghiera perfetta (come tra innamorati in “ascolto” perenne l’uno dell’altro malgrado i silenzi e le distanze) per cui non occorre sprecare alcuna parola né affannarsi dietro complicati devozionismi per rassicurare un cuore che, se già non “riposa” nel Padre, difficilmente troverebbe la sua pace in questo obbedire faticoso a… “se stesso”. E poi c’è il perdono. Conseguenza di chi trovando autentico “riposo” in Lui e dalla Sua Misericordia traendo ogni sicurezza, non può che lasciar cadere in sé ogni odio e rancore (inferno, già qui su questa Terra, cui si auto-condanna “di fatto” chi non vuol perdonare per peccato d’orgoglio), giacché nulla (alcuna tentazione…) potrebbe insidiare un’anima del tutto assorta in quel… “Padre!”, nulla entrare in un cuore già colmo di infinito. Egli nel silenzio già mi ricompensa… liberandomi da me stesso, facendo di me “dono” per gli altri. Pace. Dono perfetto e perfetto superamento interiore.


Renato Pernice - 20 giugno 2019

giovedì 20 dicembre 2018

TEMPIO CHE SIETE VOI


  

Meditazione su 1Cor. 3,16-17


"…santo è il tempio di Dio che siete voi…"

Ci sono due parole, in realtà un solo verbo, che colpisce  in questo versetto: "è", "siete";  il verbo "essere" che afferma e conferma e inoltre l'Autorità di Chi attesta il contenuto della frase, fuori da ogni possibile dubbio. Se "credo", allora "so" anche chi "sono" e la notizia non può che rallegrarmi perché consegna alla mia vita un messaggio di Verità, di infinito e di eterno.
Dentro questo "tempo" che "io sono" si realizza perfettamente quel rapporto "io-Tu" che conferisce solidità, scopo, speranza, totale consolazione e letizia alla vita di ogni "credente".
Ma che vuol dire esattamente questo "credere"? Non si tratta di visitare una galleria di opinioni al fine di scegliere la più conveniente, perché tali "vetrine", mentre attraverso le loro innumerevoli seduzioni, non rivelano nulla su me stesso che passo, nulla sul fondamento proprio di me che, fosse per loro, corrisponderebbe solo a un vuoto da riempire. Se così fosse, altro non sarei che il loro contenuto, eternamente "fluido" e cangiante e così "altro" da me stesso da non essere che un nulla. Si tratta invece, come afferma S.Agostino, di "sapere" e di scoprire nella Fede quanto già intimamente percepisco in me stesso "per natura". Scrive infatti il grande Dottore della Chiesa: "L'intelligenza è il frutto della fede. Non cercare dunque di capire per credere, ma credi per capire; perché se non crederete, non capirete" (Omelia 29)
Come la letizia allora non si espande in gioia incontenibile? Lui, il mio Dio, pur essendo "fuori di me" è, per Sua stessa imprescindibile natura, Amore, già in me presente e inevitabile fin dal giorno in cui fui creato e, da quel momento in poi, eternamente. Devo solo preoccuparmi quindi di me stesso, della mia natura, della "qualità" del mio credere e della sua "intensità".
Come tutti, sono “in viaggio” attraverso un mondo che distoglie, che cerca di carpire la mia santa identità, per scolorirne il senso fino a perdizione. Certo ciò non può “oggettivamente” accadere, giacché l'infinito mio Dio "contiene" ogni cosa e dunque "anche" il mondo ma, “soggettivamente”, sarei io a divenire giorno per giorno "estraneo" a me stesso, a smarrirmi, a perdere la "connessione" a causa di un "libero arbitrio" falsamente indirizzato, a consegnarmi volontariamente al dubbio (fatto per me e a causa mia, nuova e dilaniante certezza, come di chi confida solo in un inestricabile e contraddittorio labirinto…), a far sì che "io", pur inevitabilmente "essendo", tuttavia “non sia più” in me stesso, per me stesso.
Viene in mio soccorso la preghiera, Lui che parla nel silenzio e queste righe che medito ogni giorno, l'ascolto e la Parola, quanto giova a svuotarmi dall'Ego che da Lui mi separa, perché in quel vuoto scenda come un fiume la  Sua Grazia e si faccia vita nella mia esperienza quotidiana e nel servizio al prossimo, "tempio" a sua volta del medesimo Dio vivente.  “Lui che mi ha creato senza di me, non potrà salvarmi senza di me” (cfr. S.Agostino, Sermo CLXIX, 13) giacché "vuolsi così colà dove si puote" (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto III).


Renato Pernice - 20 dicembre 2018